Nel giorno simbolicamente scelto per richiamare alla nostra memoria il più ripugnante crimine contro l’umanità che sia mai stato commesso sarebbe utile rifuggire dalla retorica.
A 65 anni di distanza la percezione di quell’orrore rimane si viva nella coscienza collettiva ma ancora maledettamente troppi sono nelle nostre comunità gli episodi di ripugnante razzismo ed intolleranza.
Ancora siamo in campo spesso per denunciare con forza episodi striscianti o palesi di antisemitismo, di intolleranza verso chi,per cultura, costumi o fede religiosa percorre una strada che agli stolti pare diversa e da condannare.
Il giorno della memoria ci richiama quindi all’obbligo della verità che ricade, con maggiore responsabilità, su chi ha l’ambizione di costruire e guidare comunità politiche che siano punti di riferimento nella società.
In quest’obbligo può bene ravvisarsi il lascito civile e culturale forse più importante della Shoah. Ogni giorno è memoria, ogni giorno è il nostro 27 Gennaio. I simboli sono necessari ma inutili se non ci accompagnano anche quando il giorno assegnato loro è alle spalle e non trovano più posto nella nostra azione quotidiana.
“La profonda sofferenza di tutti i prigionieri è quella di vivere con una memoria che non serve a nulla” – Albert Camus
Ecco, il compito di questa generazione e delle prossime è quello di far sopravvivere la memoria, farla andare lontano. Nel tempo che verrà.
Riproduzione consentita previa citazione della fonte : marciano.enjinia.it
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.