PD Napoli, la mia intervista a Metropolis

Non vuole essere definito un fedelissimo, Antonio Marciano. Un po’ perché così, dice, sono definiti gli uomini di Berlusconi. Un po’ perché con Antonio Bassolino le diversità di vedute non sono mancate. Come, ricorda, alle scorse elezioni per il segretario nazionale del partito, quando Bassolino sostenne Matteo Renzi e lui, invece Gianni Cuperlo. Ma soprattutto perché fedelissimi, poi passati ad essere ex fedelissimi sono anche Andrea Cozzolino e Massimo Paolucci. Il primo sganciandosi all’epoca in cui era il suo vice ai rifiuti, l’altro in occasione delle primarie a sindaco nel 2011 quando contro il parere di Bassolino decise di correre alle Primarie, affrancandosi da lui.

«Preferisco – puntualizza allora Marciano – che mi si dica che sono leale ad Antonio Bassolino, cui mi ha sempre legato un rapporto di stima e di amicizia. Restandogli accanto quando altri lo hanno abbandonato nel momento peggiore». La possibile candidatura dell’ex Governatore alle prossime elezioni comunali ha rimescolato le carte, chiamato a raccolta ex Ds, compagni, veterani del partito locale e figliocci. Anche Cozzolino dato in pole position per Palazzo San Giacomo e Paolucci sono tornati alla corte di Bassolino ora che potrebbe candidarsi ad essere re di Napoli per la terza volta. «Bassolino non ha corti e non so se ci siano tornati. Sicuramente però come in una famiglia tradizionale c’è competizione tra padri e figli. Una competizione giusta e legittima. Cozzolino ha avuto già spazi importanti e riconoscimenti forti con ottimi risultati che l’hanno visto vincente anche alle elezioni europee. Il punto vero ora è capire in mezzo a noi qual è la persona capace di parlare alla città. Il voto per un sindaco però è diverso da quello per un parlamentare, un europarlamentare o un presidente di regione. Il candidato deve avere un rapporto diretto e viscerale con i cittadini». E questo candidato è Bassolino? «Bassolino per ora è lì sullo sfondo da persona autorevole non solo del Pd, ma della politica italiana. Soprattutto quando ha governato Napoli e la Campania. Ha mostrato sempre segnali di preoccupazione per lo stato di salute del Pd locale, per la difficoltà a mettere in moto una coalizione. Come un grande politico vive di inquietudine per le sorti della città e ha funzionato da sveglia per il partito». Si riferisce alle Primarie? «Anche. Sono sempre stato a favore come Bassolino. L’idea che le Primarie siano viste come anomalia napoletana e campana va cancellata. Bisogna lavorare in questo senso perché non sono un incidente di percorso, ma l’elemento di nascita del Pd. Una scelta forte che ha finito col condizionare anche il campo avversario. Io sarei addirittura per istituzionalizzarle come strumento di innovazione e rinnovamento». Primarie da farsi anche nelle municipalità come richiesto da alcuni presidenti e circoli cittadini Pd che hanno denunciato la spartizione dei parlamentini tra le diverse componenti del Pd. «La logica della divisione interna alle aree del partito è surreale anche perché la stessa presidenza dei parlamentini è patrimonio delle forze politiche della coalizione e di eventuali forze civiche da aggregare. La spartizione di cui si parla è aria fritta. Le primarie nelle municipalità non sono da escludere, ma bisogna verificare la capacità organizzativa». Nel Pd però c’è ancora chi cerca un candidato unitario e condiviso, un Maradona che scavalchi le Primarie. «I Maradona rimangono tali perché ce ne sono pochi». Quindi Lei giocherà questa partita al fianco di Bassolino? «Se Bassolino deciderà di candidarsi e il quadro delle candidature ipotetiche resta questo io non ho difficoltà a dire che sosterrò con forza Antonio Bassolino nella corsa alle Primarie e a sindaco. Se ci saranno novità le valuteremo». Il partito intanto a meno di sette mesi dalle elezioni continua a litigare diviso tra diverse aree ed interessi. «Come tutti i grandi la sua vita gira intorno a varie componenti che sono derivazioni anche nazionali, ma non va smarrito il valore della comunità. Nessun interesse di parte deve prevalere a tal punto da compromettere l’obiettivo comune di un progetto. O peggio ancora permettere che le diversità diventino recinti e strumenti di potere in capo a qualcuno piuttosto che a un altro invece di essere tradotte in un pluralismo di contenuti. Purtroppo questo è un problema del gruppo dirigente che non ha mai affrontato seriamente la discussione preferendo dividersi piuttosto che unirsi». Le criticità esistono se in questi anni il partito locale si presenta privo di una classe dirigente forte e rinnovata. «Certo, ci sono problemi anche antichi non risolti. Basta pensare che a otto anni dalla nascita del Pd abbiamo avuto nel partito napoletano sette commissari. Questo di certo non è segno di effervescenza democratica, ma di una grave difficoltà ad avere un partito unito e radicato. Paradossalmente abbiamo avuto problemi anche quando abbiamo scelto un candidato eletto all’unamità come con Gino Cimmino». Un partito incapace anche di far emergere nuove leve? «Io appartengo a quella parte del partito che ha scelto di votare e sostenere Amendola, Valente e non ultimo Grimaldi di 32 anni. Il tema di una classe dirigente rinnovata mi appassiona, ma non deve diventare uno strumento di divisione, ne una medaglia da mettere in petto per dire che tra noi è cambiato qualcosa. Bisogna poi aggiungere sostanza politica, autorevolezza e conoscenza, non basta il dato anagrafico».

Ecco l’articolo con la mia intervista sul PD Napoli pubblicato su Metropolis.

Intervista Metropolis

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