> Stamattina leggendo i giornali ho scoperto che la Campania – da sempre
> dipinta come terra di insanabili conflitti dentro le coalizioni
> politiche e dentro gli stessi partiti – si è riscoperta d’un tratto
> laboratorio per nuove alleanze.
> Sento parlare anticipatori di scenari nazionali e interpreti di
> inediti istinti all’unità, leggo generici appelli in nome
> dell’interesse della Campania e dei suoi cittadini. Sarà l’aria
> natalizia che forse invita a riconoscere il buono dentro tutto e
> tutti. Certo, su un dato riscontro una valutazione condivisibile: dopo
> il governo Monti, indipendentemente da quanto tempo durerà, nulla sarà
> più come prima nella dinamica dentro e tra i partiti, e nel confronto
> tra questi e il Paese. Ma nelle considerazioni che si stanno facendo
> nessuno fa riferimento al fatto che il Governo Monti è la conseguenza
> della crisi del centro destra, della deflagrazione del suo principale
> partito, il PDL, del suo leader Berlusconi, e del totale fallimento
> delle politiche portate avanti in questi anni. L’esecutivo tecnico
> rappresenta quindi al tempo stesso una conseguenza ed una necessità
> rispetto allo stato di salute del Paese, ma anche un utile strumento a
> disposizione della politica per ridisegnare strategie, alleanze e,
> soprattutto, per selezionare nuove leadership. Potremmo dire insieme
> una necessità ed una utilità per consentire ai partiti nazionali di
> aggiornare percorsi, programmi e approntare il nuovo vocabolario della
> politica del terzo millennio.
> Anche in Campania, come a Roma, il tema allora non è azzerare i
> confini tra i partiti e le forze politiche per dare automaticamente
> una mano al sistema regionale ad affrontare la difficoltà del momento.
> La crisi, la caduta di autorevolezza della rappresentanza
> istituzionale, l’efficacia dell’iniziativa di governo possono essere
> affrontati insieme solo se prima si certifica anche qui il fallimento
> dell’alleanza di centrodestra, che dal primo giorno si è dimostrata
> per quello che è: un cartello elettorale privo di un’idea di governo,
> ostaggio di poteri forti e spesso opachi che dentro la maggioranza
> hanno condizionato e condizionano ancora la vita e le scelte che si
> compiono sul terreno politico e istituzionale. Né io, né tantomeno
> l’insieme delle forze del PD, ci siamo mai sottratti alla comune
> responsabilità di lavorare insieme per tirare fuori dalle difficoltà
> la nostra regione. Anzi, spesso proprio grazie al PD, sono stati
> scongiurati provvedimenti legislativi dal dubbio profilo
> costituzionale e dal certo sapore clientelare: penso alle scelte in
> tema di sanità, alle decine di emendamenti che siamo riusciti a
> bloccare in occasione della scorsa finanziaria, alla valanga di nomine
> spesso figlie della peggiore esperienza politica degli anni
> ’80 che abbiamo provato ad arginare, fino al tentativo maldestro di
> Caldoro di allargare la Giunta per rispondere alle pressioni della sua
> maggioranza.
> La questione, quindi, è tutta legata alla condivisione delle politiche
> che interessano la vita delle nostre famiglie e delle nostre imprese e
> non all’alleanza che le determina. Su questo la strada è ancora tutta
> in salita. Il prossimo banco di prova sarà l’approvazione del
> bilancio. Noi non abbiamo presentato emendamenti ostruzionistici, ma
> proposte di merito, coraggiose, a tratti impopolari, e che tuttavia
> incidono concretamente sulla spesa storica dell’Ente: dalla gestione diretta del ciclo integrato delle acque e della depurazione, all’accorpamento di società partecipate
> impegnate sul terreno ambientale, all’agenzia unica di sviluppo
> regionale, all’accorpamento dei policlinici, provando al contempo a
> tutelare le aree sociali e produttive della regione più colpite dalla
> crisi. Vedremo quanta voglia di unità ci sarà davvero rispetto alle
> nostre sollecitazioni.