Il mio intervento in Aula sui ritardi nella spesa dei Fondi UE in Campania

Il mio intervento in Aula:

Intanto una premessa doverosa, cioè questa è la quarta volta che il Consiglio Regionale della Campania, dall’inizio della sua Consiliatura, si riunisce per discutere di vecchia e nuova programmazione e lo fa su sollecitazione ed iniziativa del Partito Democratico, che è la principale forza di opposizione. In questa mia prima considerazione evidentemente c’è anche un giudizio negativo che noi trasferiamo, di fronte a una discussione che invece avrebbe bisogno negli interessi della Campania, dei cittadini, delle imprese, delle famiglie alla quali lei faceva riferimento, di un confronto ordinato, ordinario e quotidiano. Dunque il primo punto, che rivolgo anche al collega Schifone che ha la guida di tavolo di partenariato, perché quella concertazione alla quale lei fa riferimento non sembra sia esaustiva così come ce l’ha presentata stamattina. La discussione di stamattina, io credo che può avere senso e può avere utilità, per quanto come sempre compressa nel tempo a nostra disposizione – ormai abbiamo ritmi arabi delle nostre discussioni, lentezza, ritardi, anche questo è un livello di inciviltà che dovremmo imparare tutti a superare, perché anche questo è il segno dell’autorevolezza della capacità del fare di un’istituzione, della serietà di una grande istituzione come la Regione Campania. Ma la discussione di stamattina può avere un senso e un’utilità se intanto la teniamo dentro due precondizioni che non sono state assolutamente soddisfatte dentro il suo brevissimo intervento, e cioè se la contestualizziamo oggi, all’ora, alle attuali condizioni economiche e sociali in cui vive la Campania, per effetto della crisi, ma anche per politiche che si sono rilevate inadeguate in questi anni, poi ci verrò, e riusciamo a rendere utile questa discussione sul futuro, su una opportunità ulteriore, enorme che dovremmo tentare di non sprecare come abbiamo sprecato fino ad oggi quella della programmazione 2007 – 2013; se facciamo una valutazione seria in mezzo a noi su come è funzionata questa programmazione. Su come hanno avanzato i programmi, su quale ricaduta hanno avuto, quali pezzi dell’economia campana hanno messo in movimento, quale gradimento hanno incontrato da parte delle forze produttive, imprenditoriali, quanto hanno aiutato le famiglie e i cittadini in difficoltà, ai quali lei faceva giustamente riferimento. Soprattutto, ha senso se proviamo a contestualizzare questa discussione e ci diamo l’idea di futuro della Regione Campania e su quali assi strategici immaginiamo lo sviluppo di una grande regione del Mezzogiorno e che cosa immaginiamo per migliorare la qualità della vita delle nostre famiglie e delle nostre imprese e poi di quell’area vasta, quella giovane generazione che è particolarmente sofferente per la nostra terra. Nella prima precondizione che ho indicato, ci sono riferimenti e studi fondamentali – io credo faremo bene a rileggere insieme perché interrogano tutta la politica, in particolare chi ha incarico di Governo – che si sono concentrati negli ultimi due mesi e mezzo. Proverò a rileggere alcune cose, che gli amici della stampa hanno consentito di leggere e di sapere, di conoscere, di approfondire, e che determinano un quadro di assoluto allarme sociale della nostra regione. Provo a rimettere in fila i dati così come sono stati proposti esattamente negli ultimi due mesi e mezzo, in poche settimane. Sembra una coincidenza davvero curiosa: ognuna delle sue dichiarazioni in qualche modo presentava il quadro di una Campania fuori dalle difficoltà e protagonista nella scena politica nazionale, e riferimento importante delle imprese e riferimento solido delle famiglie dei disagi, della povertà in questa nostra regione. A questo è corrisposto puntualmente negli ultimi due mesi e mezzo un quadro di riferimenti, di studi, di statistiche che hanno un senso e servono soltanto quando sono vere, non solo quando parlano dell’indice dei gradimento dei governatori della Campania, sono vere sempre, e hanno puntualmente smontato le dichiarazioni che lei ha proposto sulla Regione Campania. Parto dal 6 agosto scorso, dati CNR e anche dati di una partecipata regionale, Campania Innovazione: nel 2012, il CNR e Campania Innovazione ci dicono che due medici su tre sono andati via dalla Campania. In generale ci ricordano, il CNR e Campania Innovazione, che sono più di 35mila gli under 40 che sono andati via dal Sud e, tra questi, 5mila 240 sono giovani competenze campane: peggio di noi sta soltanto la Sicilia. Vanno verso il nord del Paese o si spostano in grandi regioni, verso altre democrazie europee, Germania, Inghilterra, Danimarca. E lo studio ancora più importante quando si concentra sui giovani diplomati nel 2012 che, interrogati secondo un questionario predisposto da Campania Innovazione e dal CNR, annunciano che sono pronti ad andare via dalla propria città e dalla propria Campania, che sono pronti a continuare la propria formazione di studio e poi immaginare lo sbocco professionale per i prossimi anni in una Università del Centro-Nord o una università all’estero o, magari, anche oltreoceano, dove la qualità dell’istruzione, della formazione, della ricerca hanno un peso differente. A questo si aggiunge un altro dato drammatico, sempre storia di questi due ultimi mesi e mezzo alle nostre spalle: il calo enorme delle immatricolazioni nelle nostre università napoletane e campane, causato da un lato dalla crisi, perché la gente ha meno soldi anche per tenere tra i banchi i propri ragazzi, i propri figli. Ma anche perché è cresciuto un elemento di sfiducia rispetto a quel percorso professionale e di studio, perché quella qualifica che prendi qui poi potrebbe non esserti utile nel mercato del lavoro e dunque nella prospettiva di vita. Questo il 6 agosto 2013. Il 25 agosto c’è un altro elemento importante: la Commissione Europea ha presentato l’indice 2013 della competitività delle regioni europee e la Campania è al 217esimo posto sulle 262 regioni monitorate. I ricercatori hanno tenuto conto di diversi fattori – la qualità delle istituzioni, la stabilità economica, le regole del mercato del lavoro, l’istruzione di base, la formazione, i livelli di reddito della nostra popolazione – e ci assegnano un posto dentro a quella classifica. Ancora, il 27 agosto, questa volta l’Istituto per il Commercio Estero  segnala la Campania in una condizione di arretramento rispetto a un settore che lei, neanche tre giorni prima, aveva segnalato in assoluta ripresa rispetto agli anni precedenti. Ci dice: badate, i miei primi tre mesi del 2013 le nostre esportazioni, rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, arretrano dell’1,9 per cento. Poi c’è il 31 agosto – questo è stato un agosto un po’ strano per chi ha avuto voglia di leggere le cose che riguardavano la nostra regione – quando sono i dati dell’ISTAT a parlare e consegnano alla Campania la maglia nera per la occupazione, con un calo dello 0,5 per cento rispetto al 2012, mentre ci sono timide riprese nel Nord del nostro Paese e siamo di gran lunga al di sotto della media nazionale. Inutile dire che il dato riguarda in modo particolare disoccupazione giovanile e quella femminile. Poi ci sono gli ultimi due dati, 3 ottobre scorso, nella stessa giornata; ci possono piacere o non piacere, ma sono dati sui quali la politica e le istituzioni sono chiamate a confrontarsi: quelli del Ministero dell’Interno, contenuti nel rapporto “Italiani nel mondo 2013”, dicono che la Campania e la città di Napoli sono le realtà colpite da maggiore emigrazione. Poi, la Sanità, con l’Agenas che rivela che tre dei cinque peggiori ospedali d’Italia risiedono nella città di Napoli. È inutile dire che tutta la nostra solidarietà va ai tanti lavoratori, alle tante eccellenze professionali, a quella grande e straordinaria comunità scientifica che lavora quotidianamente per reggere alla prova dei tagli e alla prova di politiche che invece non sono intervenute ancora decisamente su aree di sprechi e di inefficienza. Ma è evidente che questi dati consigliano una rilettura dell
e politiche che noi abbiamo avuto in questi tre anni e mezzo in Campania. È stato interessante un editoriale che ha firmato Angelo Lomonaco del Corriere del Mezzogiorno, del 4 ottobre, che ha parlato della maledizione delle classifiche: esistono perché sono lì, perché ci guardano dentro e fuori, perché interrogano il mondo dell’impresa, perché si rivolgono alla politica e alle istituzioni. Dice Angelo Lomonaco, poi possiamo anche fingere che non esistono, ma come le prendi le prendi, in qualsiasi settore della vita economica, sociale, produttiva della nostra regione, noi continuiamo a essere in difficoltà. Ora questo è un clima che ci riguarda, che riguarda il presente, le cose che dovremmo fare dopo o no? E che interroga anche la qualità della spesa, laddove abbiamo prodotto spesa in questi anni? E che interroga la qualità della programmazione, quando siamo riusciti a programmare, a concertare con il territorio? Sì o no? Io penso di sì, penso che il tema di confronto, per noi tema di battaglia politica. Ma ci augureremo di non vincerla questa battaglia politica, perché se vinciamo su questo punto significa che ha perso la Campania: questo è l’allarme che abbiamo più volte lanciato, inascoltati, in questo Consiglio quando lei è stato qui. L’ultima volta mezzo anno fa, era aprile 2013 quando ci siamo visti l’ultima occasione. Nel frattempo sono cambiate tante cose sul piano politico, tante responsabilità, tante irresponsabilità, oggi c’è un quadro politico nazionale ritrovato, ma rimangono in mezzo questi sei mesi di grande fatica e di grande affanno della nostra regione. Poi, accanto a questo i dati di Confesercenti, di Confcommercio che segnalano le nostre famiglie sempre più in difficoltà sull’acquisto di generi di prima necessità e costrette al taglio delle spese, delle cure, dell’assistenza della propria persona, complice anche l’aumento irresponsabile dell’IVA. Nel frattempo, vecchie e nuove povertà avanzano nella nostra regione. Poi ancora, i giornali  in queste settimane ci parlano di un’area enorme di quel modo di cultura, di professione, di competenze, di intelligenze che sono le centinaia di migliaia di giovani professionisti della nostra regione che sono in difficoltà; spesso fanno meno notizia perché non occupano i propri studi o non salgono sui tetti delle proprie fabbriche, dei propri edifici, ma sono centinaia di migliaia di ragazze e ragazzi, pezzo di classe dirigente della nostra regione assolutamente in difficoltà. Anche qui, badate, anche quando questo Consiglio raggiunge qualche piccolo risultato, siamo in grado di mortificare i risultati che raggiungiamo: noi siamo ancora in attesa dell’Assessorato al Lavoro metta a bando quelle poche risorse, ma che erano un segnale di attenzione verso quel mondo, i 250mila euro che avevamo messo a disposizione con la legge a favore di giovani professionisti e del lavoro autonomo, approvata più di un anno fa e con un regolamento attuativo che risale al marzo scorso e per il quale ancora non diamo seguito. Quindi, pensate un po’: anche quando produciamo insieme risultati importanti, poi ritorna la maledizione del tempo e la difficoltà di dilatare sempre il rapporto tra le cose che diciamo e quelle che dovremmo fare e che vanno fatte nei tempi giusti. Poi, accanto a questo, il rischio è che anche politiche di grandi aziende di Stato, se non opportunamente contrastate, avranno ripercussioni pesanti in Campania. Non c’è l’Assessore alle Attività Produttive, ma le cose che possono accadere da qui a poco su Ansaldo Breda, su STS, in parte già accadute su Selex, cioè sulla grande industria di eccellenza manifatturiera, di competenza, di nuova tecnologia, in Campania possono avere effetti pesanti, pesantissimi. Se quello è il punto di eccellenza, l’industria, le competenze tecnologiche, la nostra capacità innovativa, allora noi dobbiamo costruire un’agenda campana, come ha fatto la migliore Lega negli anni passati: si costruisce non un bivio che autoproclama se stesso protagonista di una battaglia politica – abbiamo visto che il Presidente Caldoro inevitabilmente da solo non ce la fa e non ce la farà. Questa è una di quelle occasioni dove io chiamerei tutte le forze politiche, le organizzazioni sindacali, gli imprenditori a difendere una vertenza campana nei confronti del Governo Nazionale, perché cambiano i governi, ma non cambia una certa logica di discriminare parti rilevanti del Mezzogiorno e questo riguarda tutti, interroga tutti, le forze politiche di maggioranza e di opposizione; e riguarda anche le forze di Governo del mio partito che sono dentro la compagine nazionale. Dentro questo quadro è evidente che c’è tutta la responsabilità della situazione attuale, che certo non possiamo scaricare sulle famiglie e sulle imprese, ma di cui dovremmo in farcene carico un po’ tutti, in particolare chi ha funzione di Governo. Da un lato c’è stata sì la recessione, ma dall’altro ci sono state politiche che non solo non ci hanno fatto risalire una china, ma non hanno neanche contrastato minimamente le difficoltà che la crisi e la recessione ha imposto in questi anni. Vengo alla seconda precondizione a questa discussione, e cioè quanto ha pesato, quanto pesano e quanto peseranno i ritardi nella spesa dei fondi strutturali 2007 – 2013, quanto potevano incidere nelle condizioni di vita reali delle famiglie, delle imprese se avessimo non bloccato la spesa all’insediamento della sua Giunta, ma se avessimo favorito il flusso importante, enorme, significativo di risorse nell’economia regionale. Quanta lungimiranza c’è stata nel finanziare progetti che riguardavano grandi infrastrutture della mobilità, penso alla Stazione Vesuvio Est di Striano, ritenuta dal famigerato Vetrella opera non strategica. Salvo poi capire, per il famigerato Assessore Vetrella, quali sono le opere strategiche che riguardano la mobilità e il trasporto di merci, di uomini e di donne nella nostra regione. Quello era un anello importante che avrebbe chiuso l’alta capacità, l’alta velocità da Salerno verso Roma, e avrebbe dato sostanza alla vita di una grande area che è quella dell’agro nocerino-sarnese. Quanto abbiamo pagato in termini di credibilità, bloccando due grandi progetti che riguardavano il polo floro-vivaistico che doveva nascere a Marigliano – non c’è l’Assessore Ermanno Russo – se un po’ di storia la ricorda: progetto forte sollecitato dalle aziende del settore, perché la Campania è la seconda regione d’Italia per raccolta e vendita del fiore reciso, ma non abbiamo la piattaforma logistica che sostiene queste produzioni in Campania e che le renda ancora più competitive all’estero. Quanto pesa, ancora, su un’altra produzione di eccellenza di cui è particolarmente ricca la Campania, la decisione di non dare seguito al grande progetto dell’oro rosso, della raccolta, trasformazione, confezionamento del pomodoro nella città di Eboli e in tutta l’area del Sarnese. Ecco, su questo vorremmo tentare di avere qualche notizia in più, perché non si guarda al futuro con serietà e rigore se non abbiamo un’idea del presente e non abbiamo idea delle cose che ci lasciamo alle spalle. Quanto sta costando alla Campania avere di fatto falcidiato quel grande programma iniziale che era di 7 miliardi di euro, poi ridotto a 4 miliardi e mezzo, cedendo 2,2 miliardi di euro di cofinanziamento nazionale al Governo? Certo che abbiamo migliorato i target di spesa: se riduci la quantità del programma con le stesse risorse – ci potrebbe venire in soccorso l’Assessore Giancane – è evidente che la tua performance di spesa migliora. Un conto è spendere un miliardo su 7 miliardi di euro, un conto è spendere un miliardo su 4 miliardi di euro: è evidente che la capacità di spesa, almeno sul dato percentuale, migliora, ma non corrisponde e risorse che dovevamo e potevamo spendere per tempo negli anni passati. Siamo a ventotto mesi dalla fine del ciclo con un avanzamento di spesa bloccato al 25 per cento: sarebbe stato al 16 per cento se ci fosse stata tutta la quota iniziale del programma. Quanto è stato
irresponsabile decidere di concentrare il 60 per cento delle risorse sui grandi progetti? Se non fossimo ancora convinti di questa irresponsabilità, basta guardare lo stato delle cose: su 19 progetti, per 14 siamo all’elemento della ricevibilità, ma non ancora dell’approvazione definitiva da parte della Comunità Europea. Se non bastasse ancora ad accorgerci dell’errore irresponsabile che grava sulle sue spalle e della Giunta che lei guida, basta guardare la tabella B della delibera di accelerazione di spesa, dove alla voce “Grandi progetti” – che pesano, allo stato attuale, per 2 miliardi e 700 milioni di euro, caro collega Schifone – l’unica voce di spesa certificata sono i 400 milioni della linea 1 della metropolitana. Dunque, non era più saggio, forse, anziché fingere di sentire provare ad ascoltare, Presidente Caldoro? Anziché fingere di sentire provare ad ascoltare, in quest’aula, nelle rarissime occasioni di incontro e di confronto – mi rivolgo anche all’Assessore Miraglia, grazie – ascoltare quello che noi stavamo dicendo per tempo? Ma possiamo guardare bene dentro le carte di questi grandi progetti? Capire quelli che finiranno dentro questa programmazione e quelli che non finiranno probabilmente neanche dentro la prossima programmazione? E liberare risorse verso quelle aree dove ce n’è bisogno, imprese, famiglie, povertà, innovazione? Non l’abbiamo fatto, non l’avete voluto fare, e questo non solo pregiudicherà le risorse attuali, ma rischia di mettere un’ipoteca pesante sulla prossima programmazione. Progetti in tanti casi sui quali rimangono grandi criticità e di fronte a queste criticità e a questi ritardi, il governo regionale non può e non deve rimanere né indifferente, né sordo. Io ritengo che è stato ad esempio un grande errore, da parte dell’Assessore Cosenza, alla guida della cabina di regia dei grandi progetti, non andare in audizione qualche giorno fa, su iniziativa del collega Presidente Amato, presso la commissione bonifica ed ambiente, in seduta congiunta, ad ascoltare diciotto sindaci di altrettante comunità locali che insistono nell’area del grande progetto Fiume Sarno e che ci dicono: “Badate, stiamo facendo un grande progetto di messa in sicurezza e poi di riqualificazione e di disinquinamento del fiume. Bene. Ma se stiamo facendo un grande progetto che, da quello che si legge, mitiga in parte il rischio esondazione del fiume e quindi, in parte, riduce la quantità di insicurezza delle comunità, ma di sicuro non parla più di disinquinamento e di riqualificazione di quel fiume, noi non siamo d’accordo. Perché, tra l’altro, quel progetto è particolarmente invasivo, prevede la costruzione in quelle zone di vasche di laminazione che sono grandi quanto 85 campi di calcio. Ma si può venire ad ascoltare i sindaci? Non l’opposizione, i sindaci, i rappresentanti delle comunità. Perché sarà paradossale, Presidente Caldoro, che seppure dovesse mettere in fila tutte le autorizzazioni possibili per quel grande progetto, voi avreste l’opposizione delle amministrazioni locali. Adesso sembra che stiate correndo ai ripari con una nuova convocazione, ma vi pare una cosa normale? Proprio su un terreno così delicato? Su un terreno ambientale sul quale ci sono mobilitazioni quotidiane perché, ci verrò dopo, ambiente qui significa paura. E vi pare normale chiudere la porta in faccia a diciotto sindaci? È questo il livello di concertazione che voi avete in mente? Io penso che il livello dovrebbe essere un altro, molto più di merito, molto più costante, dove ogni tanto si registra anche qualche critica. Si registra qualche critica ed è meglio che qualche critica gliela rivolgiamo noi, nelle sedi opportune, più che leggerla poi sui giornali, dalle statistiche a cui facevo riferimento in precedenza. Per non parlare del grande progetto Porto di Napoli. Nelle parole una cosa buona, giusta, che dovrebbe cambiare il volto del nostro Porto, del sistema della portualità campana, e rendere lo scalo più competitivo verso i Paesi del Mediterraneo e nel mondo. E però anche qui una cosa un po’ strana: noi abbiamo detto nei mesi passati, tutto a verbale, mentre la sua giunta pagava copiose sponsorizzazioni sui giornali locali – almeno un dato utile c’è stato, abbiamo sostenuto l’editoria napoletana e campana in un momento di difficoltà, dunque nessun problema. Ma mentre dicevate che tra gennaio, febbraio e marzo 2013 sarebbero partite tutte le gare, e mentre noi rispondevamo: “Non partiranno, ma abbiamo invece ancora bisogno di curare il porto di Napoli, di avere una cura quotidiana e costante del porto di Napoli”, non immaginavamo che il ministro Lupi ci prendesse in parola e indicasse un medico alla guida dell’autorità portuale di Napoli. E questo è uno di quei casi dove la politica, quando interviene, lo fa in ritardo e fa anche peggio. Bisogna risollevare quel porto dalle condizioni in cui sta, dalla perdita di competitività e di capacità attrattiva. O decidiamo di mettere insieme persone e competenze, oppure non ce la fa il porto di Napoli, non ce la farete voi, nonostante la massiccia campagna di comunicazione sulla stampa quotidiana, e non ce la farà la Campania. Io ripeto, perderà il sistema Campania. E questa è una di quelle vittorie che noi non vorremmo intestarci. E poi altri ritardi irresponsabili, con la concentrazione che ha sì evitato finora la possibilità di evitare il definanziamento della spesa, ma non ha cancellato ancora il rischio che questo accada da qui alla fine della programmazione. D’altronde, la delibera di giunta regionale, la 148, cos’altro è se non la testimonianza di una difficoltà? Se non il tentativo di recuperare un tempo perduto, e chissà se lo faremo? Se non il tentativo disperato di rimettere in campo risorse, e chissà quando e se le libereremo? E la cosa curiosa è – non vedo l’assessore Nappi – che nei provvedimenti per accelerare la spesa, ad un certo punto ne avete indicato anche uno, che riguardava il cambio dell’assistenza tecnica del fondo sociale europeo.. lo ha indicato lei?

PRESIDENTE – Consigliere Marciano, cortesemente se può sintetizzare perché ho molte prenotazioni.

MARCIANO – Avessimo cominciato per tempo Presidente avremmo consentito a me ed all’aula di fare una discussione più approfondita, com’è giusto fare.

PRESIDENTE – Ci avviamo verso la conclusione.

MARCIANO – Ma la gara per la nuova assistenza tecnica già sembrava una follia: siamo verso la fine della programmazione e cambiamo le assistenze tecniche? Non l’abbiamo fatta per il FES, non l’abbiamo fatta per l’autorità di audit, non l’abbiamo fatta per l’autorità di certificazione. Non l’ha fatta nessuna regione d’Italia, ad eccezione della Calabria, che però non aveva una società per l’assistenza tecnica ma una short list di esperti. Dunque, la facciamo per l’FSE a fine programmazione, per accelerare la spesa; poi scopriamo che quando si fa troppo in fretta, forse si fa anche un po’ male. Il TAR impugna il bando che voi avevate proposto e sospende la gara, se ne riparlerà nel febbraio 2014. Era tra le cose che lei aveva annunciato alla stampa, per dire: “stiamo facendo meglio e faremo meglio, stiamo recuperiamo tempo”. E poi, ancora, sulla partita di grandi fondi del Fesr – ne parliamo poco in questa aula. Dall’analisi di dati forniti dalla rete rurale nazionale, relativi all’avanzamento della spesa pubblica effettivamente sostenuta al 31 agosto 2013 ed alle risorse a rischio disimpegno al 31 dicembre 2013, si evince che la Campania è ultima per avanzamento di spesa e prima per rischio disimpegno. E noi dovremmo concludere entro i prossimi tre mesi quello che è il 10% dell’intero programma, cioè dovremmo spendere 111 milioni di euro. Inutile dire che siamo passati dall’essere primi nella programmazione 2000/2006 ad ultimi in questa seconda tornata e primi per rischio di definanziamento. E che cosa ci segnalano i famosi tavoli del partenariato? O che cosa ha segnalato, diciamo, a più riprese il PD nella commissione agricoltura, nella commissione trasparenza? Che non facciamo passi avanti perché c’è un ritardo enorme di una burocrazia cui avete consentito di congelarsi in modo, diciamo, irresponsabile, con progetti che sono quelli dei Pirap o dei Pif che sono stati progettati nel 2010; siamo ormai verso fine 2013 e non è partito nessuno di quei lavori. Per non parlare di altri progetti. Quanti progetti abbiamo finanziato con Jessica? Anche qui, quintalate di comunicazioni, a me risulta zero. C’è qualcuno che può dire che non è così? Ne sarei felice. A me risulta zero, a fronte di cento milioni di euro che pure avevamo messo in circuito. Allora Presidente, io penso che se queste sono le condizioni e le precondizioni dalle quali partiamo, forse possiamo tentare di fare di più e meglio per i prossimi anni. Io trovo illuminante la scelta che ha fatto il ministro Barca, con la condivisione della comunità europea, di organizzare la prossima programmazione su alcuni grandi capitoli: inclusione sociale, città, sistema territoriale di imprese. Lungimirante, perché è evidente che gli effetti di questa crisi peseranno ancora e per molto tempo e noi abbiamo un tema, come Stati membri, di recuperare il ritardo di chi è rimasto indietro, dei quali spesso fingiamo di non riconoscerne la difficoltà quotidiana. E città ed aree interne è un tema per noi qualificante, provo a recuperare velocemente il tempo, Presidente Valiante, è un tema qualificante perché sulle città..

PRESIDENTE – Collega Marciano, il regolamento, l’articolo 67 fissa in 15 minuti, io le ho dato del tempo in più perché avendo il suo gruppo richiesto questa convocazione ho ritenuto che doveva illustrare le motivazioni, però cerchiamo di non eccedere.

MARCIANO – Ma il tema delle città è un tema importante. Proprio in Italia e proprio in Campania, perché il tema delle città è tema di identità  del nostro Paese. Perché le città sono tradizione, sono luoghi storici, sono la principale impalcatura democratica delle istituzioni in Campania, ecco perché è importante il tema delle città nella nuova programmazione. E dovremmo sentirle, queste città, quelle delle aree interne. Dovremmo provare ad avere un equilibrio più giusto tra grandi città, zone interne e la nuova area metropolitana, perché in questi anni c’è stato uno sviluppo ingiusto e diseguale che ha trasferito alle aree interne problemi più che opportunità. E vale la pena sentire i sindaci dell’avellinese, che si sono riuniti ieri ed hanno detto: “Ma la regione quando ci sente per dire che cosa vorremmo fare sui prossimi fondi?” E perché non programmiamo un grande progetto a partire dalle città con grandi bacini di acqua: Caposele, Cassano, Serino, che servono un’area di nove milioni di abitanti tra la Campania e la Puglia, per rimodernare quel sistema e farne lì un grande fattore di civiltà e di progresso? Ecco che cosa vorremmo tentare di fare e di dire. E poi, un grande piano di rigenerazione urbana. Una grande piano di rigenerazione delle città, perché abbiamo una edilizia pubblica e privata che è vecchia, che risale agli anni ’50 e ’60, con tecniche di sicurezza e di costruzione ormai datate e con materiali assolutamente più arretrati rispetto a quelli che potremmo utilizzare adesso. E senza consumare più un metro quadrato di suolo.  Possiamo mettere in campo un grande piano di rigenerazione urbana, che significa avere città più belle, più sicure, più ospitali, più funzionali al terziario innovativo ed avanzato, con più decoro urbano. Questo è un altro grande tema che le lasciamo. Poi, accanto a questo, una grande questione che riguarda il disagio, la povertà, i giovani, le nostre migliori risorse, le nostre migliori competenze, un’area di un’adolescenza negata in tante grandi città, in tante medie città, in tanta parte delle aree interne. E poi ancora, ed ho finito, la grande questione ambientale. Badate, io credo che qui ci stiamo giocando una partita molto, molto delicata. Se la gioca il governo, l’opposizione, se la giocano le istituzioni. Forse se su alcuni temi avessimo utilizzato toni più seri, in anni passati, non ci troveremmo oggi in queste condizioni. E Dio solo sa che cosa sarebbe la Campania se non avessimo insistito, a quei tempi, in quelle condizioni date, anche per una certa infrastrutturazione sul terreno della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti. Ma badate, questo è il punto sul quale si rompe un equilibrio per la seconda volta: la prima volta abbiamo pagato un prezzo politico enorme, e ricordo le barricate del centro-destra, ad Acerra e in qualche altra parte. Adesso rischiamo di bissare, con il particolare che non ci sarà più credibilità per nessuno. Il tema ambientale, in giro per il Paese e per il mondo, riguarda la qualità della vita, la qualità del paesaggio, il benessere individuale e collettivo; qui viene percepito come paura, come qualcosa di cui devi preoccuparti ed è la cosa che, indipendentemente dai partiti, sta mobilitando più coscienze, più uomini, parrocchie, associazioni, migliaia di persone. Ecco perché dovremmo affrontare il tema nel pomeriggio, anche qui: scelte coraggiose, fondi giusti, 5 milioni per la videosorveglianza, sì, sono utili, ma in quella Terra dei Fuochi noi abbiamo bisogno di avere un presidio quotidiano. Ce lo deve ricordare Treccagnoli sul Mattino che abbiamo tanti lavoratori dei consorzi? C’è un bacino che potremmo utilizzare per presidiare fisicamente quelle aree, perché un conto è la Terra dei Fuochi ed altra storia è il terreno della bonifica, delle discariche, dei rifiuti. Presidiare fisicamente, utilizzare un esercito che abbiamo in natura, che sono i nostri lavoratori e le nostre lavoratrici, per fare il bene della nostra comunità. Grazie.

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