Ancora una volta, Stefano Caldoro si dimostra di poca memoria, in particolare sul Porto di Napoli, autoassolvendosi per lo stato di difficoltà in cui versa oggi lo scalo. Più che il Presidente uscente della Regione Campania sembra di ascoltare il leader dell’opposizione: chi più di Caldoro doveva agire e vigilare in questi cinque anni sul più grande polmone dell’economia campana? E cosa ha fatto, oltre ad annunci e promesse finite nel vuoto, come lo smantellamento della Concordia o il Grande Progetto?
Del Grande Progetto ne abbiamo letto e sentito parlare, indicato come soluzione di tutti i mali. In realtà è partito già con il piede sbagliato, perché la direzione generale della Politica Regionale della Commissione Ue ha bocciato nel 2012 il piano da 240 milioni voluto dalla Regione Campania. Poi si è arrivati a una rimodulazione da 154 milioni di euro, per una serie di interventi che comunque stentano a partire. Risultato? Caldoro ha bloccato risorse che potevano risultare davvero decisive e, non spendendole in tempo, ha di fatto ipotecato questa somma sulla prossima programmazione 2014/2020.
Nel solito e ormai inammissibile scarico di responsabilità oggi trova un nemico del Governo, reo di aver perso tempo. Nei mesi scorsi le stesse accuse le aveva rivolte all’Unione Europea, al Comune di Napoli e alla stessa Autorità Portuale: insomma, la fiera del “salvi me”, dove colpevoli sono sempre gli altri tranne chi, per cinque lunghi anni, avrebbe dovuto governare la Campania.