Il PD e la sindrome da primarie

Leggo i giornali, guardo la tv e mi chiedo: com’è possibile, a distanza di anni, che il PD soffra ancora della sindrome da primarie? Abbiamo avuto il merito di aver introdotto in Italia uno strumento di partecipazione unico, mai sperimentato prima nel nostro Paese, che ci ha permesso di riavvicinarci alla base, di mobilitare migliaia di cittadini altrimenti lontani dai partiti. Uno strumento prezioso, insomma. Che però dentro i confini della politica, della nostra politica, sembra svuotarsi di senso. Ci siamo ispirati agli Stati Uniti. È vero, ma non del tutto. Perché lì, oltreoceano, le primarie vengono vissute con la giusta dose di competizione e, soprattutto, con altrettanta serenità rispetto all’esito. Nel 2008, un’ora dopo la sconfitta, Hillary Clinton era al fianco di Obama a lavorare insieme per la vittoria delle elezioni. Qui un’ora prima che le urne siano chiuse i candidati cominciano gli attacchi incrociati tra candidati. Come se dietro il velo delle primarie si nasconda sempre e comunque una resa dei conti tra diverse correnti. Non è così o, almeno, non deve più esser così. Non è più tempo di fare a cazzotti. In gioco c’è la nostra credibilità. E il futuro dell’Italia.
Le primarie rappresentano un elemento di innovazione della politica, una opportunità in più per parlare al Paese, per incontrare il Paese reale, per parlare ai bisogni della nostra comunita’. Non sprechiamo, da soli, questa importante occasione…….. Se ci sara’!!!

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