Dopo un decennio di crescita costante dal 2002 al 2011, anche la Cultura fa segnare cali significativi in questo Paese: -11,8% per la partecipazione culturale dei cittadini italiani.
Calano gli spettatori nei teatri (-8,2%) , musei (-5,7%), cinema (-7,3%), tutto il sistema è in perdita anche a causa di una crisi economica lacerante, che ha ridotto il sostegno statale ai livelli minimi. Basti pensare che il fondo del Ministero per i Beni e le Attività Culturali è di 1,4 miliardi di euro, ovvero pari a quello della Danimarca, mentre in Francia gli investimenti ammontano a circa 4 miliardi di euro.
Ma non è solo un problema di soldi investiti dallo Stato e dai privati per gli eventi culturali (-42% di sponsorizzazioni private dal 2008 ad oggi).
Tra i Paesi membri dell’Unione Europea, l’Italia risulta al 26° posto per spesa pubblica in Istruzione e Formazione. Cala il numero degli iscritti nelle Università (-15%), e nessun ateneo italiano figura nei primi 100 al mondo (la prima università italiana è Bologna, al 194° posto).
Numeri allarmanti proprio perché iscritti dentro una fase di grande recessione. Il rischio che il sistema Paese si indebolisca non solo sul terreno economico e dunque della capacità di fare impresa e di rendere sempre più competitive le nostre produzioni sui mercati internazionali; ma che alla crisi economica si aggiunga il progressivo decadimento degli investimenti nelle infrastrutture immateriali, della perdita di risorse per la cultura in generale, per la formazione, per la conoscenza, per i saperi, nella ricerca, nei settori dell’innovazione. Il rischio che dopo la crisi resti un’Italia meno competitiva e più debole culturalmente è una possibilità da scongiurare perché allora sì, che potremmo non avere più forza nelle gambe per ripartire.
E inevitabilmente penso alla Campania, al ruolo da leader che potrebbe assumere grazie all’immenso patrimonio artistico e naturale distribuito sul nostro territorio, ad un Sud protagonista con adeguate politiche coordinate di sviluppo del settore Turismo.
Il tutto rispetto ai dati del rapporto “Io Sono Cultura – 2013”, che parlano di una regione dove è altissimo il numero di imprese culturali registrate, ma dove queste incidono pochissimo per quanto riguarda volume di affari e, soprattutto, occupazione.
La verità è che adesso in Campania le priorità sono altre, una Giunta decisamente priva di idee e progetti assiste inerme e inerte al declino di una regione, senza alcuna soluzione valida alle problematiche che la affliggono, dove l’unica risposta ai problemi è la politica dei “tagli”.
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