La Fiat e il risveglio di Fornero e Passera

C’è riuscito. Ci son voluti quasi due anni, certo, ma alla fine Marchionne è riuscito a mettere d’accordo per la prima volta buona parte dei sindacati e, soprattutto, diversi esponenti di un governo finora del tutto accondiscendente rispetto alle sue scelte aziendali. È bastato solo l’annuncio di voler mettere in mobilità 19 lavoratori dello stabilimento FIAT di Pomigliano per far posto ad altrettanti cassintegrati iscritti alla FIOM per scatenare dure reazioni. E questa volta non soltanto dei metalmeccanici della CGIL. Contro la decisione dell’ad dell’azienda torinese sono scesi in campo finanche i ministri Fornero e Passera, due che fino a ieri l’altro sulle disastrose scelte di Marchionne non avevano mai osato proferir parola. Anzi, come buona parte dell’esecutivo, dei sindacati e degli esponenti politici nazionali, le avevano quasi tutte avallate, garantendo il loro sostegno alla nefasta rivoluzione delle relazioni industriali nel nostro Paese portata avanti dal manager. La lotta di classe del nuovo millennio, questa volta portata avanti non dagli operai, ma dagli stessi padroni. Così, mentre il ministro del lavoro invitava Marchionne a “soprassedere all’avvio della procedura di messa in mobilità”, esprimendo “rammarico e preoccupazione” rispetto anche all’evolversi “delle relazioni industriali nel senso dello scontro”, il titolare dello sviluppo economico si spingeva oltre con un secco “non mi è piaciuta la mossa che è stata fatta”, anche se poi aggiungeva “si tratta di una libera azienda, se la vedano al loro interno”. Si dirà meglio tardi che mai. Eppure se la voce dei ministri si fosse levata prima, forse non si sarebbe arrivati a questo punto. Forse Marchionne non avrebbe avuto la libertà di giocare con la vita delle persone – perché di questo si tratta – come invece sta continuando a fare. Forse non si sarebbe permesso di scatenare una guerra tra poveri – mettendo gli operai gli uni contro gli altri – che non farà altro che indebolire ulteriormente la tenuta sociale del nostro Paese. Forse, o forse no. Di certo non potremo permettere che la gestione della più grande azienda manufatturiera italiana vada ancora avanti così. Dobbiamo finalmente ritrovare l’unità, far sentire forte la nostra voce e fare fronte comune contro le scelte scellerate dell’ad. A cominciare dal prossimo 14 novembre, quando lo sciopero generale proclamato dalla CGIL si terrà proprio a Pomigliano.

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