L’astensione è un problema di qualità della democrazia

Stefano Bonaccini (a destra in foto) e Mario Oliverio (a sinistra) sono stati eletti rispettivamente Presidente dell’Emilia Romagna e della Calabria.

Nello stesso giorno vinciamo al Nord e nel Sud del Paese, e dunque in condizioni e contesti sociali ed economici assolutamente diversi e distanti tra di loro. Quindi l’offerta politica del PD oggettivamente esce confermata come riferimento nazionale in relazione ai bisogni e alla necessità di far ripartire l’Italia.

A loro i complimenti e un grande in bocca al lupo per il lavoro che avranno da fare.

Ma c’è un punto che non liquiderei come “problema secondario”: l’astensione sta diventando un fattore strutturale nella dinamica democratica del Paese. Il rischio che ad una leadership forte, che governa il Paese e guida il PD, non corrisponda nel voto locale altrettanta partecipazione è un dato che deve far riflettere. Proprio chi ha vinto le elezioni deve saper leggere in profondità questo dato, perché il governo di una città o di una Regione, o di qualsiasi livello istituzionale, è tanto più rappresentativo, legittimato ed autorevole se a sceglierlo è la stragrande maggioranza degli elettori.

In questo “non voto” c’è disaffezione e sfiducia, c’è la propria condizione di vita che non migliora. L’astensione è un problema di qualità della democrazia, in Italia come in tante regioni europee, dove il recente dato amministrativo e politico ha fatto registrare indici negativi mai visti prima.

E nel non voto spesso, soprattutto in fasi di difficoltà e di recessione, il rischio è che si lasci spazio a movimenti e partiti con pensieri, linguaggi e modelli pericolosi.

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