Questo è il testo del mio intervento su “un popolo in cammino”, la marcia anti camorra organizzata a Napoli, ospitato oggi sull’edizione partenopea de La Repubblica.
Un popolo in cammino riscopre orgoglio e dignità, ritrova il coraggio di ribellarsi e di sperare, non minimizza o, peggio ancora, nasconde antichi vizi e problemi, ma trova anzi, nel bisogno di futuro, la forza di percorrere una strada nuova.
La mobilitazione contro la camorra indetta dai parroci di Napoli segna un cambio di passo importante, dinanzi al quale la politica non deve commettere i due speculari errori nei quali spesso ricade: il silenzio e la strumentalizzazione.
La politica ha un dovere preciso: quello di dare risposte, concrete ed immediate.
Per questo penso, come già proposto e segnalato da tempo, che la Regione Campania debba, già da queste ore, annunciare il ripristino del progetto Scuole Aperte, almeno per quanto riguarda gli istituti ubicati nei quartieri più difficili e più esposti della nostra area metropolitana.
Scuole aperte come una seconda casa di tutti i cittadini, dei giovani e dei giovanissimi, ma anche delle tante associazioni che quotidianamente lavorano sul territorio, e che sovente sono l’unico argine culturale e sociale ai fenomeni di natura criminale.
Investire in cultura, formazione, opportunità di conoscenza e quindi di emancipazione, lavoro, libertà, è l’arma principale che abbiamo contro la camorra, proprio laddove, in un contesto di grave crisi sociale ed economica, i poteri criminali assoldano e affiliano leve sempre più giovani: la scuola e la cultura, quindi, come “arma del bene”
Non è tollerabile che nel quartiere Sanità non vi sia un asilo nido, nonostante la disponibilità di quasi 14 milioni di euro, garantita dai fondi PAC, per realizzare tali strutture sul territorio cittadino: in una regione, la nostra, dove solo il 2,8% di bambini sono presi in carico dagli asili pubblici.
Così come non è accettabile che nella Scuola Secondaria di Primo Grado, consultando le statistiche, al primo posto come causa dell’abbandono del percorso formativo si legga “l’alunno ritiene inutile la scuola”, e che nell’area metropolitana di Napoli si registri una dispersione scolastica superiore al 36%, uno dei dati più alti d’Italia.
La nostra è ancora oggi una delle regioni italiane con la maggiore “povertà educativa”: largamente insufficienti gli asili e le scuole a tempo pieno; più della metà delle strutture scolastiche non offre il servizio mensa; pochissimi i libri, lo sport, l’arte e perfino internet a occupare il tempo libero dei giovanissimi.
E non è un caso che il 66% dei minori in carcere ha svolto attività lavorative già prima dei 16 anni, e la maggior parte di loro affermi di avere iniziato le proprie azioni illecite tra i 12 e i 15 anni, parallelamente all’acutizzarsi di problemi a scuola, culminati spesso in bocciature e abbandoni. Dobbiamo invertire la rotta, e farlo celermente.
Aumentando e potenziando la qualità e la quantità di tutto il ciclo della formazione, dal numero degli asili nido ai fondi stanziati per il diritto allo studio. E sostenendo associazioni come “Save the children”, che con la campagna “Illuminiamo il futuro” ci ricorda come l’ingiustizia della disuguaglianza risieda proprio nel fatto che spesso il futuro di un bambino sia deciso da una ‘lotteria’: dalla provenienza sociale, geografica, migratoria, spesso anche di genere.
L’idea di ”illuminare il futuro” con una miriade di “punti luce” che nascono dal basso, ci consegna l’immagine più preziosa di quello che deve essere il nostro lavoro: dar forza a quell’impegno, alla scuola e al lavoro quotidiano e continuo di tante piccole e grandi realtà associative. Contribuire ad illuminare, insomma, il percorso di un popolo in cammino.
Perché ha ragione Giulio Baffi: il miglior modo per onorare la memoria di Luca De Filippo è continuare il suo lavoro a favore di una Napoli che faccia della cultura e della bellezza uno strumento ed una prospettiva di riscatto, individuale e collettivo.
Ecco il pezzo dal giornale:
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