Rilanciamo Scuole Aperte per sottrarre terreno al male

“Un ragazzo che abbandona la scuola è come un pugile che finisce al tappeto dopo una raffica di colpi che piovono da ogni parte”, dice Luca Capiluppi, operatore della formazione.

Secondo il Censis, in Italia l’11,9% degli iscritti al primo anno delle scuole superiori abbandona gli studi, ma in Campania la percentuale sale al 13,8%. Se si guarda all’intero quinquennio, poi, a livello nazionale si ha una media del 26% di studenti che non arrivano alla maturità, con un picco del 29,9% proprio in Campania, dove si va delineando uno stato di vera e propria emergenza educativa.

D’altronde, secondo le stime di “Save the Children”, nel Mezzogiorno del Paese gli under 18 in povertà assoluta sono quasi raddoppiati – 19,1% contro il 10,9% del 2011 – e  la dispersione scolastica riguarda il 21,4% dei minori, più del doppio rispetto all’obiettivo europeo del 10%. E non è un caso che il 66% dei minori in carcere ha svolto attività lavorative già prima dei 16 anni, e la maggior parte di loro afferma di avere iniziato le proprie azioni illecite tra i 12 e i 15 anni, parallelamente all’acutizzarsi di problemi a scuola, culminati spesso in bocciature e abbandoni.

È in questo contesto che a Napoli si torna a sparare, e a morire di camorra.

Da oramai quasi un anno una nuova faida per il controllo del territorio tra i vecchi clan e leve emergenti della criminalità organizzata insanguina le strade ed i vicoli della nostra città, con una violenza atroce che sempre più spesso colpisce anche vittime innocenti. Innocenti le vittime, ma non noi se ci limitiamo, nel migliore dei casi, a distinguere le morti e ad indignarci.

Perché ha ragione Roberto Saviano: quando parliamo di ragazzi di 17 anni, “per ogni colpevole che cade e si affilia si perde ogni possibilità di percorso altro”.

C’è bisogno di una riscossa di Napoli, una riscossa nella quale tutti, dalle Istituzioni alla società civile, dalla politica all’associazionismo, sentano come proprio immediato dovere quello di fare la propria parte, di reagire con celerità e concretezza all’espandersi di un cancro che sta trasformando intere aree della città in una zona di guerra.

È un fattore di estrema importanza che il grido dall’allarme più forte, nel mentre tanti e troppi pezzi della politica sono impegnati a dividersi quando si dovrebbe essere uniti, sia venuto dal mondo della cultura: le parole, gli appelli, le proposte di Nino D’Angelo, di Giulio Baffi della “Fondazione De Filippo”, di Isaia Sales, dello stesso Roberto Saviano, costituiscono un “J’accuse” di una Napoli che non si nasconde dietro gli stereotipi e che, con dignità e coraggio, reagisce. Come hanno reagito e stanno reagendo tante realtà associative che, vicolo per vicolo, strada per strada, sottraggono spazi, fisici ed ideali, alla criminalità organizzata. Realtà come le parrocchie e le associazioni di quartiere che, venuta meno la funzione dei tradizionali corpi intermedi, costituiscono assieme alla scuola il primo baluardo dello Stato e della legalità.

E se nuove unità di forze di polizia da destinare al fronte investigativo possono essere utili, dinanzi ad un’evoluzione del sistema camorra, che si affida a leve sempre più giovani e violente, la risposta delle Istituzioni forse più importante dovrebbe essere però quella di sottrarre – e sostenere con forza chi lo fa – le giovani generazioni napoletane dall’orbita, dalla spirale e dalla prospettiva della criminalità: per questo la principale risorsa che abbiamo a disposizione per raggiungere questo obiettivo è quella della conoscenza, nella sua accezione più ampia, come arma del bene.

Negli scorsi anni la Regione Campania, grazie anche all’utilizzo dei fondi europei, si era dotata di uno strumento fondamentale di integrazione, di socialità, di legalità: il progetto “Scuole aperte”, poi non più finanziato e lasciato esaurirsi in maniera colpevole.

Anche grazie alle possibilità offerte dagli ultimi provvedimenti legislativi prodotti a livello nazionale, credo sia necessario ridar vita e linfa a quel progetto, finanziandolo in maniera adeguata. E costruendo un protocollo d’intesa che faccia delle nostre scuole non solo uno spazio sociale e di conoscenza fruibile tutto il giorno dagli studenti e dalle loro famiglie, ma anche la “casa” di quelle tante realtà associative che svolgono un lavoro prezioso, ma che spesso non hanno a disposizione né sufficienti fondi né una sede.

Agire in tal senso, invertire la rotta che fa della Campania la regione con il più basso tasso di copertura di borse di studio (media del 42,2% contro il 76,8 nazionale), accelerare il progetto di legge che a livello nazionale dovrebbe riformare il sistema di assegnazione dei beni confiscati, dovrebbero essere le priorità della politica e delle Istituzioni.

A quel giovane che, stordito dai pugni, cade e lascia la scuola, va tesa una mano. Anzi, va difeso da quei pugni di cui non ha colpa alcuna. La vita di un ragazzo nato a Napoli non può essere affidata al caso: alla famiglia o al quartiere nel quale si nasce. O ad un proiettile vagante.

Ecco l’intervento pubblicato su “Il Mattino” di oggi by AntonioMarciano

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