Pensavamo fosse finita, che Pompei fosse stata messa davvero in sicurezza come promettevano da Roma e da Palazzo Santa Lucia. E invece no. Ieri un altro muro è caduto, un muro di contenimento, non già della città antica ma risalente all’epoca dei Borbone. Il che, tuttavia, non cambia la situazione: ogni volta che a Napoli e in Campania piove per più di un giorno, il sito archeologico più importante d’Europa si sgretola. Eppure Caldoro aveva garantito che un piano di rilancio per Pompei c’era, che il Grande Progetto Pompei finanziato dall’UE per 105 milioni di euro è già a regime. Ma tra le vie della città antica non c’è ancora nessun cantiere aperto e tra qualche giorno è prevista la visita del commissario europeo Rehn. Il rischio che quei soldi ci vengano tolti è, dunque, altissimo. Così come fino a qualche tempo fa era altissimo il rischio di veder scomparire il villaggio preistorico di Nola, un sito unico in Italia che rischiava di essere sommerso dal fango per l’incuria dell’amministrazione regionale, e gli scavi di Longola, che versavano pressapoco nella stessa condizione. In entrambi i casi siamo intervenuti, denunciando lo stato di degrado in cui versava quello che io considero un patrimonio dell’umanità, e siamo riusciti a scongiurare il peggio. Ora però bisogna che si pongano in essere tutte le procedure amministrative per salvare i due siti e rilanciarli, aprendoli finalmente al pubblico e sperimentando proprio attorno ai siti archeologici minori della Campania nuove forme di turismo archeologico in grado di attrarre visitatori da tutto il mondo e muovere nuova economia.