“Nel Pd una finta unità costruita con i ricatti” (intervista al Mattino)

In generale, evito sempre di fare polemica sulla stampa in merito alle vicende interne del Partito Democratico. Ma quello che è accaduto nella fase di preparazione delle liste per le elezioni amministrative e poi durante l’ultima assemblea provinciale meritavano un’analisi… ecco il testo dell’intervista pubblicata sul Mattino di oggi.

«La finta unità non porta assolutamente a nulla», ragiona Antonio Marciano vicecapogruppo Pd in Regione. Ce l’ha contro l’accordo sancito due sere fa nell’assemblea provinciale democrat: prima minacce di resa dei conti, poi l’ex segretario Cimmino che si accorda con il segretario Carpentieri ed entra di fatto in maggioranza: «Mi dispiace che Gino di quella sua esperienza abbia portato con sé solo l’utilità del ricatto. E mi dispiace che Venanzio Carpentieri abbia ceduto a questa logica».

L’altra sera però non era in assemblea. «Un incontro al Mise per ³1 contratto di programma Genesis-Whirpool mi ha impedito di parteciparvi. Detto questo non condivido l’impostazione data a questo appuntamento ne tantomeno le conclusioni».

In che senso? «Era evidente che convocare un’assemblea perpresentare i candidati alle europee e fare una valutazione sulle vicende amministrative, dove siamo stati protagonisti di scelte imbarazzanti, a liste depositate era un esercizio discutibile sul piano dell’utilità concreta. Ma almeno poteva essere l’occasione per impostare l’agenda della nostra campagna elettorale, i temi, le iniziative, le questioni più significative per la nostra provincia. Nulla».

E infatti ecco sancito un patto con la nomina di un vice segretario cuperliano come Toti Lange. «Ecco, abbiamo sancito un nuovo “patto per l’unità” del partito».

Ironizza? «Cosa significhi concretamente faccio fatica a comprenderlo. Attenzione: io ritengo indispensabile per un partito diviso e lacerato come quello napoletano e campano che si lavori per l’unità. Ma l’unità la si costruisce condividendo piattaforme politiche, profilo programmatico e identitario. L’unità non la costruisci con i ricatti, mostrando i muscoli, minacciando sfiducia al segretario provinciale per cui al mattino annunci alla stampa che sei pronto a sferrare l’attacco al gruppo dirigente e poi al pomeriggio entri in segreteria, assumendo il ruolo di “secondo” vicesegretario e dunque superando la tua condizione di minoranza interna».

Sfiduciato di come vadano ormai le dinamiche interne? «Mi amareggia di più che a porre questa condizione sia stato Gino Cimmino, ex segretario del partito. Proprio lui che, eletto all’unanimità, ha vissuto sulla propria pelle la debolezza di un voto unanime che, in assenza di un progetto politico condiviso, lo ha portato a non avere la forza e la libertà per poter nominare almeno la segreteria».

Cosa avrebbe fatto? «Per quanto mi riguarda avevo suggerito un ingresso della minoranza in segreteria e dopo le elezioni una valutazione complessiva sugli assetti del gruppo dirigente provinciale. Mi sembrava logico avere un tempo e una modalità di lavoro condivisa che giustificasse la “novità politica”».

Pesa, secondo lei, il nuovo corso renziano che, in Campania è legato quasi tutto agli ex popolari? «Ora evito le polemiche. C’è la campagna elettorale e dunque è l’ultima volta che parlerò delle vicende interne al Pd fino alla fine delle elezioni europee e dell’ultimo turno di ballottaggio per le amministrative. Ma è evidente che un minuto dopo, il tema dello stare insieme in un gruppo dirigente ritornerà e non è detto che se non si condivide un modello di partito lo si debba per forza dirigere assieme».

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